FIGLI “SCONNESSI”
La solitudine dei giovani di oggi e il ruolo degli adulti
A cura della dott.ssa Laura Moscato
Tutti noi ci siamo soffermati almeno una volta nella vita a riflettere su quanto la società in cui viviamo sia diventata fortemente di stampo narcisistico, ovvero molto proiettata all’avere successo, all’apparire, alla popolarità, ad essere riconosciuti e visti per forza dagli altri. La velocità, l’efficienza delle nostre prestazioni, del nostro lavoro, delle nostre attività è delegata sempre più alla tecnologia e di conseguenza anche alcune funzioni cognitive dell’uomo, come la memoria e l’attenzione sono fortemente influenzate da ciò. Ad esempio se non mi ricordo un termine impiego pochissimi secondi a cercarlo sui motori di ricerca e ad avere ben presto risposta, non è necessario ricordarmi strade o chiedere a qualche passante (come si faceva un tempo!) la direzione giusta da seguire per raggiungere un determinato luogo, che impostando il navigatore il gioco è fatto!! Le molteplici funzioni positive della tecnologia che avanza giorno dopo giorno, fanno si che abbiamo tutto a portata di mano in assoluta comodità. Il lato purtroppo negativo è che si è delegato alla realtà virtuale anche aspetti che invece devono rimanere umanizzati, mi riferisco in particolar mondo all’incontro con l’altro, alle relazioni amicali, quelle autentiche, al confronto con il mondo, con la realtà, alle emozioni che tutto questo ti fa vivere….la triste verità è che oggi, seppur sempre connessi, si diventa sempre più “A-SOCIALI”. Un adolescente che è nato nel mondo digitale potrebbe, giustamente, chiederci e interrogarsi: “ma se sono sempre stato abituato a trovare tutto ciò di cui avevo bisogno su internet e sui social, come faccio fuori a relazionarmi con chi tutto questo non me lo da’ subito? e se non mi è utile? e se non mi piace?”. Cosa dovrebbe fare un adulto, un genitore? Sicuramente riportare alla realtà, ormai “sconnessa” del ragazzo, emozioni e sentimenti che provengono da relazioni con persone reali, emozioni che non isolano ma che aggregano, seppur condividendo con lui e conoscendo il suo mondo virtuale. Un importante aspetto della funzione genitoriale è l’esempio che viene dato in famiglia nell’uso degli smartphone, dei social e della tecnologia in generale. Se viene impostata una regola a riguardo deve essere valida per tutti i membri della famiglia!!!
La solitudine che spesso deriva dalla consapevolezza che il mondo virtuale non è la vita reale, può sfociare in veri e propri disagi psicologici in cui le relazioni sociali vengono pian piano ridotte fino al completo isolamento del ragazzo. È bene, dunque, prestare attenzione ai comportamenti dei nostri figli e intervenire tempestivamente chiedendo aiuto ai professionisti del settore.

È risaputo che tutti i bimbi fanno i capricci, anche quelli più calmi e ubbidienti. Li fanno perché vogliono qualcosa che i genitori gli hanno negato, perché vogliono attirare l’attenzione se si sentono poco considerati o compresi da chi gli sta intorno o perché, crescendo, iniziano a voler esercitare il controllo sulla propria vita. Possono piangere, urlare, dimenarsi o disubbidire. Ad ogni età corrisponde una modalità diversa di manifestare le emozioni forti e incontenibili. Da quando è neonato il pianto rappresenta la prima modalità, escludendo cause fisiche, di esprimere un disagio, come ad esempio la difficoltà di adattarsi all’ambiente esterno troppo ricco di stimoli che ancora non riesce a tradurre. Man mano che cresce e inizia a parlare cercherà di affermare la sua identità e le sue preferenze, piangerà o urlerà perché avrà perso il suo giocattolo preferito o perché non può ottenere quello che vuole. Più ci avviciniamo all’età pre-scolare e scolare il bambino, con un vocabolario abbastanza ricco di parole, deve essere stimolato a parlare di sé e dei suoi sentimenti negativi, che altrimenti vivrebbe in un capriccio.





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