Ogni Riccio Un Capriccio
Cosa nascondono e come si riconoscono i capricci dei bambini?
A cura della dott.ssa Laura Moscato
È risaputo che tutti i bimbi fanno i capricci, anche quelli più calmi e ubbidienti. Li fanno perché vogliono qualcosa che i genitori gli hanno negato, perché vogliono attirare l’attenzione se si sentono poco considerati o compresi da chi gli sta intorno o perché, crescendo, iniziano a voler esercitare il controllo sulla propria vita. Possono piangere, urlare, dimenarsi o disubbidire. Ad ogni età corrisponde una modalità diversa di manifestare le emozioni forti e incontenibili. Da quando è neonato il pianto rappresenta la prima modalità, escludendo cause fisiche, di esprimere un disagio, come ad esempio la difficoltà di adattarsi all’ambiente esterno troppo ricco di stimoli che ancora non riesce a tradurre. Man mano che cresce e inizia a parlare cercherà di affermare la sua identità e le sue preferenze, piangerà o urlerà perché avrà perso il suo giocattolo preferito o perché non può ottenere quello che vuole. Più ci avviciniamo all’età pre-scolare e scolare il bambino, con un vocabolario abbastanza ricco di parole, deve essere stimolato a parlare di sé e dei suoi sentimenti negativi, che altrimenti vivrebbe in un capriccio.
La cosa principale da sapere è che rappresentano fasi evolutive importantissime per la crescita dei bambini. Servono per rafforzare, ma ancor prima, costruire la loro identità e affermare che anche loro esistono e occupano un spazio nel mondo. Ogni capriccio infatti, preso singolarmente in qualsiasi età del bambino, sottende, oltre al bisogno manifesto di ottenere qualcosa, il desiderio di essere riconosciuto, in primis come bisognevole di amore e di sicurezza da parte del genitore e successivamente nella sua crescita e autonomia.
Spesso nella mia pratica clinica incontro genitori alle prese con dilemmi sui capricci. “Dottoressa come mi devo comportare quando fa cosi? Faccio bene a sgridarlo davanti agli altri? Perché ho un senso di fallimento quando si comporta cosi? Per rispondere a queste domande il genitore deve prima di tutto distinguere il “normale” capriccio da un momento di ansia, di angoscia, di disagio o di tristezza del bambino. La parola d’ordine della seconda fase è EMPATIA, che indica la capacità di immedesimarsi in quello che prova il figlio e contenere la sua rabbia o frustrazione, mantenendo calma e fermezza. Infatti una delle conseguenze dei capricci sono sentimenti di rabbia, delusione e nervosismo dei genitori che compromettono la corretta gestione del capriccio. Infine, è utile ricordarsi che ci troviamo difronte ad una modalità comunicativa che si esprime sempre in una relazione con l’adulto e dunque nella relazione con i piccoli l’ascolto, la comprensione e il contenimento delle loro emozioni risultano i principali ingredienti per insegnare a riconoscere e imparare a gestirle da soli.